ABSTRACT
Il presente lavoro si fonda su una ricerca esplorativa di tipo qualitativo, la cui progettazione e realizzazione si collocano all’interno di un percorso di indagine personale, non vincolato da commesse esterne né da indicazioni istituzionali.
Lo studio sociale proposto, condotto nel periodo compreso tra il 15 gennaio e il 29 febbraio 2024, riguarda i disturbi alimentari e della nutrizione, con particolare attenzione alla relazione tra fattori familiari, immagine corporea soggettiva e mediatica, condotte alimentari e compensative, fattori emozionali e di salute, nonché attitudini personali connesse ai disturbi alimentari stessi.
L’approccio teorico adottato è di tipo antropologico-interpretativo, di matrice geertziana: si assume, infatti, che i comportamenti umani possano essere compresi soltanto all’interno del loro specifico contesto culturale, mediante l’interpretazione dei significati che gli individui attribuiscono alle proprie esperienze.
INTRODUZIONE
Introduzione generale
I disturbi alimentari e della nutrizione (DAN) sono inclusi nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5) e si caratterizzano per comportamenti alimentari che influenzano negativamente sia la salute sia la vita quotidiana.
I DAN più comuni sono:
• l’anoressia nervosa,
• la bulimia nervosa,
• il disturbo da alimentazione incontrollata (Binge Eating).
Questi disturbi si manifestano spesso con una preoccupazione eccessiva per l’aspetto fisico e l’assunzione di cibo, accompagnata da comportamenti disfunzionali e dannosi per la salute.
Si sviluppano di solito in adolescenza o nella prima età adulta, ma possono comparire anche in altre fasi della vita.
Le caratteristiche principali dell’anoressia nervosa sono:
• un peso corporeo significativamente basso (inferiore a quello minimo previsto),
• un’intensa paura di aumentare di peso,
• un’alterata percezione del proprio corpo che influenza l’autostima.
Nel caso della bulimia nervosa, invece, si osservano:
• ricorrenti episodi di abbuffata, cioè il consumo di una quantità di cibo molto superiore a quella abituale, accompagnato dalla sensazione di perdere il controllo,
• comportamenti compensatori per prevenire l’aumento di peso, come il vomito autoindotto o l’abuso di lassativi.
Per quanto riguarda il disturbo da alimentazione incontrollata (Binge Eating), si hanno:
• episodi di abbuffata simili a quelli della bulimia, con perdita di controllo,
• consumo molto rapido di cibo fino a sentirsi sgradevolmente pieni, anche senza avere fame,
• tendenza a mangiare da soli per il senso di disgusto verso sé stessi.
In questo caso, però, non si verificano comportamenti compensatori.
In Emilia-Romagna, nel 2021, sono stati presi in carico 2.008 pazienti con DAN, di cui 1.379 dai Centri di salute mentale e 629 dalle Neuropsichiatrie dell’infanzia e dell’adolescenza. Tra i disturbi più diffusi ci sono l’anoressia nervosa (38,01% dei casi) e la bulimia nervosa (26,5%). Il fenomeno è in crescita, soprattutto dopo l’emergenza sanitaria legata alla pandemia, e coinvolge principalmente la popolazione femminile.
A livello nazionale, i disturbi alimentari sono aumentati di quasi il 40% rispetto al 2019: nel primo semestre del 2020 sono stati registrati 230.458 nuovi casi, rispetto ai 163.547 del primo semestre 2019. Nel 2020, il numero totale di pazienti nuovi e in trattamento è stato di 2.398.749, ma il dato potrebbe essere sottostimato, dato che molti non accedono alle cure.
La Survey segnala inoltre un’ulteriore diminuzione dell’età di esordio: il 30% dei casi riguarda persone sotto i 14 anni, e la diffusione tra i maschi è in aumento, arrivando al 10% nella fascia 12-17 anni.
Breve rassegna della letteratura esistente
Lo sviluppo dei disturbi alimentari è influenzato da molteplici fattori, tra cui componenti biologiche, psicologiche e socioculturali. Avere un parente stretto con un disturbo alimentare o una storia personale di diete restrittive rappresenta un importante fattore di rischio. Anche l’insoddisfazione verso il proprio corpo e aspettative irrealistiche su se stessi, come il perfezionismo, aumentano la probabilità di sviluppare questi disturbi. Inoltre, essere vittima di prese in giro o bullismo legati al peso, ovvero lo stigma sociale basato sul corpo, rappresenta un ulteriore fattore di rischio.
L’elemento ambientale più noto che favorisce lo sviluppo di un disturbo alimentare è l’idealizzazione culturale della magrezza, amplificata dalle immagini diffuse dai media, che propongono modelli di perfezione difficilmente raggiungibili. Secondo alcuni dati, quasi il 40% dei ragazzi e delle ragazze in sovrappeso subisce derisione da parte di coetanei o familiari.
In una società come quella attuale, dove l’immagine di sé dipende sempre più dal giudizio altrui, è fondamentale conformarsi ai canoni estetici imposti dalla cultura e dagli influencer, che spesso veicolano ideali di corpi perfetti, ricchezza e felicità. Saveria Capecchi, professoressa di Scienze Politiche e Sociali a Bologna, spiega come il corpo sia diventato centrale e associato a valori come il mito del successo facile, la vita glamour e un narcisismo sociale, ovvero la tendenza a mostrare pubblicamente tutto di sé. L’ideale femminile moderno è quello di una donna snella, giovane e sicura, che sceglie di utilizzare il proprio corpo per affermarsi socialmente.
Uno studio del 2017 di Balottin e colleghi ha mostrato come l’anoressia nervosa sia un disturbo complesso, causato da molteplici fattori psicologici, biologici, familiari e socioculturali. Il ruolo della famiglia è sempre più riconosciuto sia nei meccanismi che causano e mantengono la malattia, sia nell’efficacia delle terapie. Tuttavia, come sottolineato da Herpertz-Dahlmann e altri, l’anoressia ha una base neuropsichiatrica più che familiare, e l’idea di considerare la famiglia come causa principale è ormai superata. L’Academy of Eating Disorders ha ribadito che in nessun modo le influenze familiari devono essere viste come la causa primaria di anoressia o bulimia. Colpevolizzare i genitori è, infatti, dannoso e ostacola il loro ruolo fondamentale di supporto.
Negli ultimi anni si è parlato molto anche di “interiorizzazione dello stigma del peso”, cioè la tendenza delle persone in sovrappeso o obese ad attribuirsi giudizi negativi sul proprio corpo. Questo fenomeno è collegato a bassa autostima, ansia e depressione, ma ancora pochi studi hanno analizzato il legame tra questo e i disturbi alimentari nei pazienti con obesità.
Secondo un articolo di Treasure e colleghi, la genetica gioca un ruolo diverso nei vari disturbi alimentari: mentre per l’anoressia sono stati trovati alcuni profili genetici associati, per la bulimia e il disturbo da alimentazione incontrollata mancano ancora studi completi. Ad esempio, una ricerca sulla Biobank britannica ha mostrato che chi fa abbuffate ha una predisposizione genetica a un indice di massa corporea più alto e a disturbi come l’ADHD, cosa che invece non si riscontra nell’anoressia. Negli ultimi decenni, l’ambiente alimentare è cambiato rapidamente, con un facile accesso a cibi economici, molto gustosi e raffinati, che ha modificato le abitudini alimentari e contribuito all’aumento delle abbuffate.
Lo stigma legato al peso resta un fattore sociale chiave, soprattutto se interiorizzato, ed è spesso accompagnato da altre forme di esclusione e discriminazione, specie in gruppi emarginati.
Uno studio di Gailledrat e colleghi riporta che, secondo l’American Psychiatric Association, la prevalenza dell’anoressia nervosa è dello 0,4%, mentre quella della bulimia varia tra lo 0,5% e l’1,5%. Solo metà dei pazienti con anoressia guarisce nel lungo termine, mentre la mortalità associata è tra il 5 e il 10%, dovuta a complicanze mediche e suicidio. Il DSM-5 conferma una mortalità del 5% per anoressia e del 2% per bulimia per decennio.
Nei disturbi alimentari, la preoccupazione per il corpo e il peso è centrale: l’immagine corporea si basa su come il paziente percepisce e valuta mentalmente il proprio corpo. Spesso questa percezione è distorta, con una sovrastima delle dimensioni corporee, che genera insoddisfazione e paura di ingrassare. Queste preoccupazioni sono invasive e persistenti, e sono fondamentali nella diagnosi sia di anoressia che di bulimia.
Secondo Keski-Rahkonen e Mustelin, in Europa l’anoressia colpisce meno del 4% delle donne, la bulimia meno del 2% e il disturbo da alimentazione incontrollata meno del 4%. Negli uomini, la prevalenza è molto più bassa. L’incidenza dell’anoressia è stabile, mentre quella della bulimia sembra in diminuzione. Solo un terzo delle persone con disturbi alimentari riceve cure adeguate. Più del 70% presenta comorbidità psichiatriche come ansia, depressione, autolesionismo e uso di sostanze. Il decorso dell’anoressia è positivo nella maggior parte dei casi, ma una quota importante di pazienti presenta sintomi persistenti e complicazioni. Fattori di rischio comprendono problemi psichiatrici nei genitori, stress materno prenatale, difficoltà familiari, sovrappeso infantile e insoddisfazione corporea in adolescenza.
È importante ricordare che la persona con un disturbo alimentare non è soltanto la malattia: si tratta di un individuo con caratteristiche proprie che deve affrontare una patologia complessa, con impatti emotivi, fisici e sociali rilevanti.
Per questo motivo, ho deciso di rendere anonimo e volontario il questionario da me elaborato, così da permettere a chi lo compila di condividere solo le informazioni che ritiene opportune.
Leggi l’articolo completo: clicca qui